La Camera di Commercio Industria, Artigianato e Agricoltura di Brindisi è un Ente autonomo funzionale di diritto pubblico che, nell'ambito della circoscrizione territoriale di competenza, svolge funzioni di interesse generale per il sistema delle imprese, promuovendone lo sviluppo, nel rispetto della normativa comunitaria, statale, regionale e statutaria.
La Camera di Commercio di Brindisi interpreta il ruolo che la legge le attribuisce nell’accezione più ampia, proponendosi quale istituzione di riferimento per le imprese e quale raccordo fra le istanze economiche della società civile e il sistema politico-istituzionale locale. Nell’ambito delle competenze riconosciute dall’ordinamento, l’Ente esercita funzioni di tipo certificativo e amministrativo, di regolazione e tutela del mercato e di promozione e rilevazione dei fenomeni economici. Per l’espletamento di tali funzioni, agisce in sinergia con le varie strutture camerali e con gli altri attori locali. Appartiene infatti al Sistema camerale che, attraverso la sua rete nazionale e internazionale, opera in modo integrato al servizio delle imprese e del sistema economico generale, in un’ottica di collaborazione e scambio. Con i soggetti protagonisti dello sviluppo locale, gestisce gli strumenti di programmazione integrata e le iniziative concertate. Tali azioni vengono realizzate monitorando costantemente le risorse a disposizione e i progetti già intrapresi, in modo da pervenire a una loro lettura unitaria e coordinata.
L'art. 1, comma 1, della legge di riordinamento 29 dicembre 1993, n. 580, afferma esplicitamente che le Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura (d'ora in poi semplicemente Camere di Commercio) sono enti autonomi di diritto pubblico che svolgono, nell'ambito della circoscrizione territoriale di competenza, funzioni di interesse generale per il sistema delle imprese curandone lo sviluppo nell'ambito delle economie locali.
Il riconoscimento della natura pubblica degli enti camerali non costituisce, però, una novità in quanto già l'art. 2, comma 2, del R.D. 2011/1934 definiva i Consigli provinciali dell'economia (a quell'epoca gli equivalenti delle attuali Camere di Commercio) enti pubblici dotati di personalità giuridica e, successivamente, l'art. 2, comma 2, del D.Lgs. Lgt 315/1944, nel ricostituire le Camere di Commercio, le qualificava enti di diritto pubblico.
Dal contesto normativo si desume che le Camere di Commercio sono da considerarsi quali enti locali non territoriali (in quanto il territorio costituisce soltanto l'ambito spaziale di delimitazione delle loro funzioni) e vanno annoverate nella categoria degli enti autarchici esercitando esse una potestà amministrativa che si sostanzia nell'emanazione di atti amministrativi aventi i medesimi caratteri e la stessa efficacia di quelli dello Stato.
Non sembra, invece, possibile attribuire loro la qualifica di enti pubblici economici in quanto, pur avendo esse la possibilità di gestire direttamente infrastrutture e servizi in regime di impresa, queste funzioni non sono da considerarsi principali. Tutto ciò però non esclude che la legge 580/1993 contenga una serie di disposizioni che, formalmente e sostanzialmente, hanno riconosciuto alle nuove Camere di Commercio, come sottolineato in dottrina, un rilievo istituzionale di notevole spessore facendo loro superare quella condizione di ente di serie B che era inevitabile nella situazione di provvisorietà normativa prolungatasi dal 1944.
Gli elementi indicatori di questo status possono essere considerati:
a) il riconoscimento dell'autonomia statutaria (art. 3)
b) la possibilità di ricevere deleghe sia dallo Stato sia dalle Regioni (art. 2, comma 1)
c) la possibilità di svolgere funzioni a seguito di convenzioni internazionali (art. 2, comma 1)
d) il riconoscimento di ente deputato alle funzioni amministrative ed economiche di interesse delle imprese salvo che dette funzioni non siano assegnate a uffici statali o regionali (art. 2, comma 1),
e) il riconoscimento di una parziale autonomia tributaria (art. 18).
L'AUTONOMIA DELLE CAMERE DI COMMERCIO
La novità della legge 580/1993 sta, soprattutto, nell'avere riconosciuto alle Camere di Commercio una forte carica di autonomia (v. art. 1: "le Camere di Commercio ... sono enti autonomi") rivelando la volontà di legislatore di "rendere l'ente camerale sempre meno dipendente da strutture sovraordinate", e ciò in armonia con i principi ispiratori della legge 8 giugno 1990, n. 142, sulla riforma e riordinamento delle autonomie locali.
In linea generale con la espressione autonomia si vuole indicare un determinato grado di attività e indipendenza di un soggetto nell'esercizio di determinate attività politiche e giuridiche.
L'autonomia giuridica in particolare si indentifica nella capacità di enti e organi di agire nel campo giuridico per il raggiungimento delle proprie finalità.
L'autonomia giuridica delle Camere di Commercio si sostanzia in effetti:
- nella possibilità ad esse riconosciuta dalla legge di riforma (art. 3), di darsi un proprio statuto di cui precedentemente non erano dotate (autonomia normativa);
- nella capacità, loro riconosciuta, di darsi una struttura organizzativa (art. 2, comma 2) e di decidere il proprio programma di azione senza dipendere da direttive ministeriali e senza essere sottoposte a forme paralizzanti di controlli (art. 4) (autonomia organizzatoria o di gestione);
- nella capacità, loro riconosciuta, di imporre propri tributi (art. 18) e di provvedere ad impiegare le proprie risorse finanziarie secondo i criteri contenuti nel bilancio predisposto ed approvato dai propri organi di direzione (autonomia finanziaria e contabile).
L'AUTONOMIA STATUTARIA
L'art. 3, comma 1, della legge 580/1993 sancisce testualmente: "In conformità ai principi della presente legge, ad ogni Camera di Commercio è riconosciuta potestà statutaria".
La stessa norma prevede, a nostro avviso un po' troppo restrittivamente anche se con il lodevole intento di uniformare i criteri di autogestione su tutto il territorio nazionale, che gli statuti debbano disciplinare, con riferimento alle caratteristiche del territorio:
a) l'ordinamento e l'organizzazione della Camera di Commercio;
b) le competenze e le modalità di funzionamento degli organi;
c) la composizione degli organi per le parti non disciplinate dalla stessa legge 580/1993;
d) le forme di partecipazione.
Gli statuti devono essere deliberati dai Consigli camerali con il voto favorevole dei due terzi dei rispettivi componenti e vengono approvati con decreto del Ministro dell'Industria, del Commercio e dell'artigianato.